"Io credo di non essere responsabile del significato o dell'assurdità del vivere,
invece credo di essere responsabile di quello che faccio personalmente con la mia propria, irripetibile vita"
(Hermann Hesse)


sabato 4 settembre 2010

articolo da Repubblica di qualche anno fa...

D'amore s'impazzisce, ecco le prove
nel cervello scatta l'effetto doping

Test su migliaia di studenti americani nei primi mesi di relazione
DAL nostro corrispondente ENRICO FRANCESCHINI



LONDRA - William Shakespeare lo sosteneva già quattro secoli or sono, ma adesso giunge una conferma scientifica: "innamorato pazzo" non è un modo di dire. L'amore è davvero una follia, un'autentica forma di malattia, un cocktail di manie, demenza e ossessione che sconvolge il normale funzionamento del cervello, spingendoci a comportamenti irrazionali, insoliti, incomprensibili, come comporre cento volte di seguito lo stesso numero telefonico, scoppiare a piangere per un nonnulla, perdere improvvisamente l'appetito, che visti dall'esterno possono essere scambiati per una psicosi.

La prova, secondo una ricerca condotta da eminenti neurologi, si trova in una regione del cervello che agisce da termometro delle nostre passioni: dentro la quale, in presenza di un innamoramento, si scatena una tempesta di dopamina, una sostanza chimica prodotta quando desideriamo o aspettiamo un qualche tipo di ricompensa emotiva. Succede agli sportivi, agli scommettitori, ai tossicodipendenti e - ora lo sappiamo - anche alle vittime di Cupido: che possiamo dunque chiamare, sia ben chiaro senza intenzione di offendere, "dopati" d'amore.

Lo studio pubblicato dal Journal of Neurophysiology riferisce un esperimento condotto da specialisti di New York e del New Jersey a cui si è sottoposto un gruppo di studenti universitari, tutti nelle prime settimane o nei primi mesi di "love story".

Attraverso migliaia di immagini del cervello, ricavate con uno scanner, i ricercatori hanno stabilito che: 1) l'amore romantico deriva da una regione del cervello differente da quella dell'eccitazione sessuale; 2) in termini neurologici, l'innamoramento è simile alla fame, alla sete o al desiderio di droga da parte di un tossico; 3) con il passare del tempo, la tempesta di dopamina gradualmente si riduce, pur senza scomparire del tutto (perlomeno non scompare dopo due anni, non sono disponibili dati su relazioni sentimentali più lunghe); 4) essere lasciati dal proprio innamorato ha un effetto neurologico simile o più forte di quello provocato dalla prima scintilla d'amore.
Banali verità, diranno gli innamorati, ma un conto è fidarsi di scrittori e poeti ("il mio amore è come una febbre", scriveva Shakespeare) e un altro scoprire i processi chimici causati dal sentimento nel cervello.

La ricerca degli scienziati americani non è la prima di questo genere: neurologi dell'università di Pisa, guidati dalla dottoressa Donatella Marazziti, erano giunti alla stessa conclusione per una via diversa, dimostrando che l'amore fa "ammattire" perché abbassa i livelli di serotonina, una sostanza con l'effetto di un calmante; e un altro studio, svolto dall'University College di Londra, aveva rilevato che i circuiti neurali si modificano durante l'innamoramento, facendo vedere a entrambi "tutto rosa", ossia celando difetti e mancanze reciproche. A proposito: il nuovo esperimento indica tra l'altro che, quando un amore finisce, i circuiti neurali restano intatti, pronti a riaccendersi in presenza di un nuovo amore. La "febbre", commenterebbe il grande bardo, sale, scende e poi, con un po' di fortuna, torna a salire un'altra volta.

Nessun commento:

Posta un commento